26/07/2023

Nel 2022, si è registrata l’intensificazione delle violenze contro le popolazioni indigene che hanno determinato un ciclo di sistematiche violazioni e negazioni dei loro diritti

Il rapporto annuale del Cimi denuncia le violenze contro le popolazioni indigene e fa un bilancio del Governo Bolsonaro, contraddistintosi per le innumerevoli violazioni dei diritti delle popolazioni indigene e per lo smantellamento degli organismi preposti alla loro protezione ed assistenza

L’anno 2022 ha rappresentato la fine di una legislatura segnata dall’intensificarsi delle violenze contro le popolazioni indigene in Brasile. Come nei tre anni precedenti, i conflitti ed il numero delle invasioni e dei  danneggiamenti nei territori indigeni sono aumentati di pari passo con lo smantellamento delle politiche pubbliche rivolte ai popoli indigeni – come l’assistenza sanitaria e l’istruzione – e lo svuotamento degli organismi responsabili della sorveglianza e della protezione di questi territori. Questa è la realtà presentata dal Rapporto Sulle Violenze Contro le Popolazioni Indigene del Brasile – dati 2022, pubblicazione annuale del Consiglio Indigenista Missionario (Cimi).

Questo desolante scenario è emerso attraverso eventi che hanno causato grande commozione e provocato ripercussioni nazionali e internazionali; per esempio, gli omicidi dell’indigenista Bruno Pereira e del giornalista britannico Dom Phillips, uccisi a giugno nella regione dell’Area Indigena Vale do Javari, in Amazzonia, da persone legate alla rete criminale che organizza le invasioni nei territori; le invasioni dei cercatori d’oro nel territorio Yanomami che, con la collusione dello Stato, hanno provocato enormi danni ambientali ed una crisi sanitaria senza precedenti.

Questo scenario devastante, rivelato da inchieste ed immagini scioccanti diffuse ovunque durante tutto l’anno, trova conferma nelle informazioni raccolte in questo Rapporto e nei dati allarmanti relativi alla mancanza di assistenza sanitaria, alla mortalità infantile, ad omicidi e violenze contro il patrimonio indigeno. In tutti questi ambiti, gli stati di Roraima ed Amazonas, dove si trova l’area indigena Yanomami, hanno registrato il numero più alto di segnalazioni.

L’anno 2022 ha anche concluso un ciclo di quattro anni in cui nessuna area indigena è stata demarcata dal governo federale. Sotto l’amministrazione Bolsonaro, l’esecutivo non solo ha ignorato l’obbligo costituzionale di regolarizzare e proteggere le terre tradizionalmente occupate dai popoli originari, ma ha anche agito, concretamente, per rendere questo diritto più fragile attraverso Progetti di legge (PL) e misure amministrative volte a permettere lo sfruttamento delle aree indigene.

L’intensità e la gravità di questi eventi non possono essere compresi fuori dal contesto di smantellamento della politica indigenista e degli enti di tutela ambientale perseguiti dalla Stato durante i quattro anni di governo di Jair Bolsonaro

Assieme ai discorsi del Presidente della Repubblica, atti ad incentivare le invasioni, c’è stata un’analoga e  ricorrente presa di posizione da parte di organismi come l’Avvocatura Generale dell’Unione (AGU) e la Fondazione Nazionale per i Popoli Indigeni (Funai). L’azione di queste istituzioni nei procedimenti penali ed amministrativi è stata quasi sempre contraria ai diritti dei popoli indigeni e favorevole, soprattutto, agli interessi economici dei settori agroalimentare (agrobusiness) e minerario.

Nel 2022 questa politica si è riflessa nell’elevato numero di casi relativi alle categorie “conflitti per i diritti territoriali”, con 158 segnalazioni, e “invasioni di possedimenti, sfruttamento illegale delle risorse e danni alla proprietà”, con 309 segnalazioni, che hanno coinvolto almeno 218 aree indigene in 25 Stati del Paese.

In molti di essi –  come Mato Grosso do Sul, Maranhão e Bahia – i conflitti e la totale mancanza di protezione delle popolazioni indigene hanno provocato assassinii di indigeni, anche con il coinvolgimento di forze di polizia ed agenti che hanno assunto il ruolo di “sicurezza privata” dei latifondisti. Nell’area indigena Comexatibá, nell’estremo sud di Bahia, Gustavo Silva da Conceição, un ragazzo Pataxó di soli 14 anni, è stato brutalmente assassinato durante uno dei numerosi attacchi armati promossi da gruppi che gli indigeni definiscono “miliziani”.

Nel Mato Grosso do Sul l’assassinio di Alex Recarte Lopes, un Guaranì Kaiowá di 18 anni anni, nell’Area Indigena di Taquaperi, nel comune di Coronel Sapucaia, ha provocato una serie di espropri di terre da parte degli indigeni, duramente attaccati dai latifondisti e dalle operazioni di polizia effettuate senza alcun ordine giudiziario. Una di queste operazioni, avvenuta presso il Tekoha Guapoy, ad Amambai (MS), ha causato l’omicidio del Guarani Kaiowá Vitor Fernandes, di 42 anni, ed il ferimento di diverse persone. Per la brutalità dell’attacco, i Guarani Kiowa’ fanno riferimento al caso come al “Massacro di Guapoy”.

L’intensità e la gravità di questi eventi non possono essere compresi fuori dal contesto di smantellamento della politica indigenista e degli enti di tutela ambientale perseguiti dalla Stato durante i quattro anni di governo di Jair Bolsonaro. Per questo motivo, questa edizione del Rapporto presenta anche un bilancio delle violenze registrate in questo periodo ed un aggiornamento dei principali dati che aiutano a descrivere questa realtà.

Il Rapporto con i dati del 2022 ha sistematizzato così anche i dati aggiornati di omicidi, suicidi e mortalità infantile relativi al periodo di questi quattro anni. Le informazioni sono state ricavate da fonti pubbliche, come la Segreteria Speciale della Sanità Indigena (Sesai), dal Sistema Informativo Mortalità (SIM) e dalle Segreterie di Stato della Sanità.

La posizione esplicita e volutamente omertosa del governo Bolsonaro nei confronti della demarcazione delle aree indigene ha provocato l’aggravamento dei conflitti inerenti i diritti territoriali, con frequenti situazioni di minacce, attacchi armati e omicidi di leader indigeni

Devastação causada pelo garimpo na TI Yanomami. Registro feito em dezembro de 2022, durante sobrevoo realizado pelo Greenpeace. Foto: Valentina Ricardo

Devastação causada pelo garimpo na TI Yanomami. Registro feito em dezembro de 2022, durante sobrevoo realizado pelo Greenpeace. Foto: Valentina Ricardo

Violenza contro il patrimonio

Le “Violenze contro il Patrimonio” dei popoli indigeni – i popoli indigeni in Brasile non sono proprietari delle loro aree, ma solo usufruttuari esclusivi -, presentate nel primo capitolo del Rapporto, si dividono in tre categorie: “omissione e ritardo nella regolarizzazione delle aree”, con 867 casi; “conflitti relativi ai diritti territoriali”, con 158 casi; “invasioni di possedimenti, sfruttamento illegale di risorse naturali e danni vari al patrimonio”, con 309 casi ed il settimo aumento consecutivo nelle registrazioni.

Complessivamente, tutti questi casi totalizzano 1.334 atti di violenza contro il patrimonio delle popolazioni indigene nel 2022. Tra le principali tipologie di danno al patrimonio indigeno, si segnalano l’estrazione di risorse naturali, come legno e minerali, caccia e pesca illegali ed invasioni possessorie finalizzate al furto di aree indigene (land grabbing).

La maggior parte delle 1.391 aree indigene e delle rivendicazioni territoriali esistenti in Brasile (62%) sono soggette a qualche pendenza amministrativa concernente la loro regolarizzazione, come evidenziato dall’indagine del Cimi, aggiornata annualmente. Delle 867 aree indigene con pendenze, per almeno 588 non c’è stato alcun provvedimento statale per la loro demarcazione ed attendono ancora la formazione dei relativi Gruppi Tecnici (GTs) da parte della Funai, organo incaricato di procedere all’individuazione e alla delimitazione di tali aree.

I pochi GTs istituiti o riattivati nel 2022 sono stati il frutto di decreti giudiziari costituiti solo dopo cause intentate dal Pubblico Ministero Federale (MPF) – ma nessuno di essi ha concluso i suoi lavori.

La posizione esplicita e volutamente omertosa del governo Bolsonaro nei confronti della demarcazione delle aree indigene ha provocato l’aggravamento dei conflitti inerenti i diritti territoriali, con frequenti situazioni di minacce, attacchi armati e omicidi di leader indigeni.

Enterro do Guarani Kaiowá Vitor Fernandes, morto no “massacre do Guapoy”. Foto: povo Guarani e Kaiowá

Enterro do Guarani Kaiowá Vitor Fernandes, morto no “massacre do Guapoy”. Foto: povo Guarani e Kaiowá

Violenza contro la Persona

Il secondo capitolo del rapporto riguarda i casi di “violenza contro la persona”. In questa sezione sono stati registrati i seguenti dati: abuso di potere (29); minacce di morte (27); minacce diverse (60); omicidi (180); omicidi colposi (17); lesioni personali intenzionali (17); razzismo e discriminazione etnico-culturale (38); tentato omicidio (28); violenza sessuale (20).

Le registrazioni sommano 416 casi di violenza contro gli indigeni nel 2022. Complessivamente, i quattro anni del governo di Jair Bolsonaro presentano una media di 373,8 casi di Violenza alla Persona all’anno. Nei quattro anni precedenti, coi governi di Michel Temer e Dilma Rousseff, la media era di 242,5 casi all’anno.

Nel 2022, come nel triennio precedente, gli Stati che hanno registrato il numero più alto degli omicidi di indigeni sono stati: Roraima (41), Mato Grosso do Sul (38) e Amazonas (30); secondo i dati di Sesai, SIM e Asl in questi tre stati si sono concentrati quasi i due terzi (65%) dei 795 omicidi di indigeni registrati tra il 2019 e il 2022: 208 in Roraima, 163 in Amazonas, 146 nel Mato Grosso do Sul.

Tra questi casi spiccano gli omicidi dei leader Guarani Kaiowá Marcio Moreira e di Vitorino Sanches, nei mesi successivi al caso noto come “strage do Guapoy”, che uccise il Kaiowá Vitor Fernandes e tre Guajajara dell’Area Indigena Arariboia – Janildo Oliveira, Jael Carlos Miranda e Antônio Cafeteiro – fucilati nel mese di settembre del 2022, nell’arco di sole due settimane.

Sono stati anche registrati un gran numero di minacce e di tentati omicidi contro le popolazioni indigene, generalmente ad opera di latifondisti, minatori, taglialegna, pescatori e cacciatori.

Anche l’elevato numero di abusi di potere è stato una costante durante i quattro anni di governo Bolsonaro. I casi registrati sono in totale 89, una media di 22,2 all’anno, più del doppio rispetto ai quattro anni precedenti durante i governi di Dilma e di Temer, quando erano stati registrati in media 8,7 casi l’anno. Queste voci del Rapporto riflettono il contesto di degrado istituzionale e lo smantellamento dei meccanismi di protezione delle popolazioni autoctone avvenuti in questo periodo.

Acampamento Terra Livre 2022. Foto: Hellen Loures/Cimi

Violenza per omissione del potere pubblico

Nel terzo capitolo del Rapporto sono sistematizzati i casi di “violenza per omissione da parte della pubblica amministrazione”, che è organizzato in sette capitoli. Sulla base della Legge per l’Accesso all’Informazione (LAI), il Cimi ha ottenuto dalla Sesai dati parziali sui decessi dei bambini indigeni da 0 a 4 anni. Essi rilevano 835 morti tra i bambini indigeni in questa fascia di età nel 2022. La maggior parte dei decessi è stata registrata in Amazonas (233), Roraima (128) e nel Mato Grosso (133).

In tutto il Brasile, tra il 2019 e il 2022 la Sesai ha registrato un totale di 3.552 decessi in questa fascia di età. In questo stesso periodo, gli stessi Stati hanno concentrato il maggior numero di morti: ci sono stati 1.014 decessi di bambini sotto i cinque anni in Amazonas, 607 in Roraima e 487 nel Mato Grosso.

Il DSEI (Distretto Sanitario Speciale Indigeno) Yanomami e  Ye’kwana (DSEI-YY), che copre l’area indigena Yanomami e si estende tra gli stati di Roraima e Amazonas, hanno registrato 621 decessi di bambini da 0 a 4 anni tra il 2019 e il 2022, cifra che corrisponde al 17,5% di tutti i decessi di bambini indigeni in questa fascia di età. Secondo il DSEI-YY, la popolazione nell’area Yanomami è stimata in circa 30.500 persone, dato che corrisponde solo al 4% del totale delle popolazioni indigene assistite dal Sesai, come indicano le informazioni pubbliche della Segreteria. Il fatto che di parte della struttura sanitaria dell’area si siano impossessati i cercatori d’oro (garimpeiros), in regioni isolate e di difficile accesso, indica che la realtà è certamente ancora più grave di quanto ammettano i dati ufficiali.

Informazioni di fonte pubblica, ottenute da SIM e dalla Sanità dello Stato, hanno denunciato 115 suicidi indigeni nel 2022, la maggior parte negli stati di Amazonas (44), Mato Grosso do Sul (28) e Roraima (15). Più di un terzo dei decessi per suicidio (39, pari al 35%) è avvenuto tra gli indigeni in età compresa fino a 19 anni.

Tra il 2019 e il 2022, dati aggiornati di queste stesse fonti rilevano complessivi 535 decessi di indigeni per suicidio. Durante questo periodo, gli Stati già nominati hanno registrato il numero più alto di casi: Amazonas (208), Mato Grosso do Sul (131) e Roraima (57) concentrando insieme il 74% dei suicidi indigeni di questi quattro anni. Sempre in questo capitolo, sono state rilevate le seguenti criticità riferite all’anno 2022: generale mancanza di assistenza (72 casi); mancanza di assistenza nel campo dell’istruzione (39); mancanza di assistenza nell’area sanitaria (87); diffusione di alcol ed altre droghe (5); morte per mancanza di assistenza sanitaria (40), per un totale di 243 casi.

Nel 2022 il governo Bolsonaro ha mantenuto la politica del non rinnovare le ordinanze o di rinnovarle per periodi di soli sei mesi

Manifestação de indígenas da TI Vale do Javari em Atalaia do Norte (AM), em junho, cobrando proteção contra as invasões ao território que possui a maior concentração de povos isolados do mundo. Foto: Antonio Scarpinetti/SEC/Unicamp

Manifestação de indígenas da TI Vale do Javari em Atalaia do Norte (AM), em junho, cobrando proteção contra as invasões ao território que possui a maior concentração de povos isolados do mundo. Foto: Antonio Scarpinetti/SEC/Unicamp

Popoli isolati

Le popolazioni indigene in isolamento volontario sono tra i gruppi più colpiti dalla deliberata politica di abbandono e mancanza di protezione adottata dal governo Bolsonaro, che ha assunto contorni ancora più gravi ed evidenti nell’anno 2022. Questa situazione viene affrontata nel quarto capitolo del Rapporto.

Nel corso dell’anno sono stati riscontrati casi di intrusioni e danni materiali in almeno 36 aree indigene dove ci sono 60 notifiche della presenza di popolazioni indigene isolate, secondo i dati del Team di Sostegno ai Popoli Liberi (Eapil/Cimi).

La realtà è aggravata dal fatto che, dei 117 gruppi indigeni in isolamento volontario registrati dal Cimi, 86 non sono riconosciuti dalla Funai. Ciò significa che questi i popoli sono invisibili allo Stato, così come le possibili situazioni di violenza a cui sono esposti, compreso il rischio di diventare vittime di genocidio.

Anche nei casi in cui sono riconosciuti dalla Funai, molti popoli isolati hanno trascorso il 2022 totalmente privi di protezione. Questo è stato il caso delle persone isolate del Mamoriá Grande – la cui presenza nel Comune di Lábrea (AM) è stata confermata dalla Funai, ma ciò non ha generato alcuna misura di protezione a loro favore da parte dell’ente indigenista governativo – e delle persone isolate dell’area indigena Jacareúba/Katawixi, sempre in Amazzonia, che hanno trascorso l’intero anno 2022 senza alcuna assistenza, a causa della decisione della Funai, sotto la direzione di Marcelo Xavier, di non rinnovare l’ordinanza di Restrizione all’accesso dell’area.

Queste ordinanze sono misure volte specificamente a proteggere i territori delle popolazioni indigene in isolamento volontario il cui processo di demarcazione non è ancora stato completato, per evitare che vengano invasi. Nel 2022 il governo Bolsonaro ha mantenuto la politica del non rinnovare le ordinanze o di rinnovarle per periodi di soli sei mesi. Questa pratica è stato il segnale per gli invasori e gli usurpatori di terre che quei territori sarebbero stati presto disponibili per lo sfruttamento e l’appropriazione privata. Invasioni diffuse nelle aree Piripkura, nel Mato Grosso, e a Ituna/Itatá, nel Pará, sono esempi di questa situazione.

Questa politica è stata accompagnata dal continuo indebolimento delle Basi di Protezione Etno-ambientali della Funai (BAPEs), responsabili della supervisione delle terre abitate dai popoli isolati, lasciate senza la minima capacità operativa per svolgere il proprio compito, come è stato evidente nel caso delle aree indigene della Vale do Javari e Yanomami.

Manifestação em frente ao Ministério da Justiça, em setembro de 2022, cobrando justiça após uma série de assassinatos de indígenas naquele mês. Foto: Tiago Miotto/Cimi

Manifestação em frente ao Ministério da Justiça, em setembro de 2022, cobrando justiça após uma série de assassinatos de indígenas naquele mês. Foto: Tiago Miotto/Cimi

Memoria

Il quinto capitolo del Rapporto è dedicato alla riflessione sul tema Memoria e Giustizia e riporta una delle ultime elaborazioni del ricercatore Marcelo Zelic (1963-2023), scomparso quest’anno. Zelic ha dedicato la sua vita alla conservazione della memoria, attraverso il lavoro di documentazione, ed all’impegno per la creazione di dispositivi affinché non si ripetessero le violazioni dei diritti umani contro le popolazioni indigene.

Negli ultimi anni egli si è battuto per la creazione di una Commissione Nazionale Indigena per la Verità (CNIV) con l’obiettivo di indagare e risolvere queste violazioni. In questo testo inedito, che il Cimi pubblica come tributo, Zelic sostiene tale proposta e spiega le sue idee per quanto riguarda caratteristiche, funzioni ed organizzazione di questa Commissione.

Articoli

La presente edizione del Rapporto contiene anche articoli che approfondiscono alcuni degli argomenti affrontati nella pubblicazione. Uno di questi propone un’analisi della grave situazione riscontrata nel territorio Yanomani sotto l’ottica del genocidio, ripercorrendo la storia delle recenti omissioni di protezione da parte dello Stato in occasione delle invasioni di minatori d’oro (garimpeiros) e stabilendo una relazione tra le gravi violenze e violazioni di diritti umani a cui questo popolo è stato sottoposto di recente e quanto accaduto nel Massacro di Haximu, avvenuto nel 1993, primo caso in Brasile giudicato crimine di genocidio.

Altri due testi affrontano la situazione degli indigeni detenuti in Brasile, la negazione dei loro diritti da parte della Magistratura e lo smantellamento della politica indigenista del governo Bolsonaro, analizzato dal punto di vista dell’attuazione del Bilancio.

Il Rapporto sulla Violenza Contro le Popolazioni Indigene in Brasile è una pubblicazione annuale del Consiglio Indigenista Missionario (Cimi), organizzazione legata alla Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB). Fondato nel 1972, il Cimi opera per la difesa della causa indigena da cinquant’anni.
Share this:
Tags: