La violenza contro le popolazioni indigene si è confermata nel 2023, un anno caratterizzato da attacchi ai loro diritti e da scarsi progressi nella demarcazione delle loro terre
Il Rapporto annuale del Cimi sulla violenza contro le popolazioni indigene presenta i dati del primo anno del governo Lula 3 (terzo mandato), segnato da impasse e contraddizioni nell’applicazione della politica indigenista
Nel 2023 I conflitti sui diritti degli indigeni tra i tre Poteri della Repubblica si sono riflessi nelle continue violenze e violazioni contro i popoli originari e i loro territori. Il primo anno del nuovo governo federale è stato caratterizzato dalla ripresa delle azioni di ispezione e repressione delle invasioni in alcuni territori indigeni, ma la regolarizzazione dei territori tradizionali e le azioni di protezione e assistenza alle comunità restano insufficienti. Il clima istituzionale di attacco ai diritti degli indigeni ha avuto ripercussioni in diverse regioni del Paese: continue invasioni, conflitti e azioni violente contro le comunità indigene, tassi elevati di omicidi, suicidi e di mortalità infantile tra i popoli nativi. Queste sono le conclusioni del rapporto Violenza contro le Popolazioni Indigene del Brasile – dati del 2023, pubblicazione annuale del Consiglio Indigenista Missionario (Cimi).
Il 2023 è iniziato con grandi aspettative nei confronti della politica indigenista del terzo mandato del presidente Luiz Inácio Lula da Silva; non solo perché la nuova gestione è succeduta ad un Governo apertamente anti-indigeno, ma anche perché tale questione aveva assunto centralità nei discorsi e negli annunci fatti dal nuovo Presidente già durante la campagna elettorale.
Questo contesto ha avuto ripercussioni negli scarsi progressi registrati nella demarcazione dei territori indigeni e nei continui casi di invasione, danneggiamento del patrimonio indigeno e conflitti relativi ai diritti territoriali
Questo cambiamento è stato simboleggiato dalla presenza del capo villaggio Raoni, storico leader Kayapó, durante l’insediamento del neoeletto Presidente. La creazione del Ministero dei Popoli Indigeni (MPI), senza precedenti nella storia politica del Paese, e la nomina di leaders indigeni a capo del nuovo dipartimento Funai – ribattezzato Fondazione Nazionale dei Popoli Indigeni – e del Segretariato per la Salute Indigena (Sesai) hanno confermato l’atmosfera di rinnovata speranza.
Già all’inizio del 2023, la situazione del popolo Yanomani – denunciata da tempo ed in modo ricorrente – provocò enorme commozione. Anni di abbandono e di aperta complicità dei Governi con la presenza illegale di decine di migliaia di minatori nella Terra Indigena (TI), aveva ridotto il popolo Yanomani in una condizione di estrema vulnerabilità. La dichiarazione di Emergenza Sanitaria Nazionale e l’avvio di una grande epurazione dei cercatori d’oro da quel territorio, indicavano un cambiamento effettivo nella politica indigenista.
La realtà politica, tuttavia, si è imposta subito. Il Congresso Nazionale ha agito per sminuire i poteri dell’MPI ed attaccare i diritti degli indigeni, soprattutto attraverso l’approvazione del disegno di legge (PL) 490/2007, trasformato, a fine anno, nella Legge 14.701/2023. Il potere Legislativo è intervenuto in netta opposizione al Supremo Tribunale Federale (STF) che, dopo anni di iter, aveva concluso il processo sul caso di portata generale relativo alla delimitazione dei territori dei popoli indigeni, con una decisione favorevole agli stessi.
La Suprema Corte aveva riconosciuto i diritti territoriali indigeni come “assi portanti” della Costituzione Federale – cioè non è possibile modificarli o restringerli – e aveva dichiarato incostituzionale la tesi del “Limite Temporale” (difesa dalle lobby dell’agrobusiness e dall’estrema destra). Questa tesi, che da anni affligge i popoli indigeni, stabilisce che possano essere demarcate solo le terre in possesso effettivo dei popoli indigeni o in iter di comprovato dibattimento alla data di promulgazione della Costituzione, cioè il 5 ottobre 1988.
Nonostante la sentenza della Suprema Corte, il Congresso Nazionale ha incluso nella legge 14.701 il “Limite Temporale” come criterio per la delimitazione delle terre indigene, oltre ad una serie di dispositivi giuridici che, in pratica, cercano di rendere impraticabili nuove demarcazioni ed aprire le terre già regolarizzate ad uno sfruttamento economico predatorio. Il veto parziale del presidente Lula è stato ribaltato dal Congresso, anche grazie al gran numero di voti dei partiti di governo e la legge è entrata in vigore alla fine dell’anno.
Questo contesto ha avuto ripercussioni negli scarsi progressi registrati nella demarcazione dei territori indigeni e nei continui casi di invasione, danneggiamento del patrimonio indigeno e conflitti relativi ai diritti territoriali.
Sono state effettuate alcune operazioni per epurare le invasioni, ma nessuna con l’intensità iniziale adottata nel caso del popolo Yanomami, anch’essa caduta nell’inerzia prima che l’attività mineraria fosse completamente smantellata. Nel 2023 sono stati registrati 276 casi di invasioni possessorie, sfruttamento illegale delle risorse naturali e vari danni alla proprietà in almeno 202 territori indigeni in 22 stati del Brasile.
Nel primo anno del nuovo governo del presidente Lula sono state omologati otto territori indigeni, un numero inferiore alle aspettative, anche se superiore a quello degli ultimi anni. Gli scarsi progressi avvenuti nelle demarcazioni si sono riflettuti nell’intensificarsi dei conflitti, con diversi casi di intimidazione, minacce e attacchi violenti contro le popolazioni indigene, soprattutto in stati come Bahia, Mato Grosso do Sul e Paraná.
Hanno fatto parte di questo contesto l’intenzione del governo federale di estrarre petrolio alla foce del Rio Amazonas, privilegiare il sostegno economico all’agroindustria e a quei grandi progetti infrastrutturali e di sfruttamento minerario che sono in conflitto con i diritti delle popolazioni indigene, come la ferrovia “Ferrogrão” e gli investimenti delle imprese straniere sul territorio del popolo Mura, in Amazonas.
Le inadempienze e la mancanza di segnali chiari da parte del Governo Federale in difesa dei territori indigeni hanno avuto come diretta conseguenza l’elevato numero di conflitti registrati, molti dei quali con intimidazioni, minacce e attacchi violenti contro le comunità indigene
Violenza contro il Patrimonio
Il primo capitolo del Rapporto affronta le “Violenze contro il Patrimonio” delle popolazioni indigene, per un totale di 1.276 casi. I dati di questa sezione sono divisi in tre categorie: omissione e inadempienza nella regolarizzazione delle terre, con la registrazione di 850 casi; conflitti relativi ai diritti territoriali, che ne registra 150; invasioni possessorie, sfruttamento illegale delle risorse naturali e danni vari al patrimonio, con 276 casi.
(Ricordiamo che in Brasile gli indigeni non sono “proprietari” dei territori da loro tradizionalmente occupati ma, secondo la Costituzione del 1988, “usufruttuari esclusivi”. La proprietà è dello Stato, si tratta quindi di terre demaniali, cioè di tutti i cittadini).
I conflitti territoriali e le invasioni nei territori indigeni sono rimasti a livelli elevati, pur registrando una leggera riduzione rispetto agli anni precedenti. Se, da un lato, i dati riflettono la ripresa delle attività di ispezione ambientale, dall’altro, la maggior parte dei Rapporti indica la continuità delle azioni di invasione, la destrutturazione degli organismi responsabili dei compiti di controllo e la mancanza di una politica permanente di protezione dei territori indigeni.
Tra le principali tipologie di danni al patrimonio indigeno si distinguono, come negli anni precedenti, i casi di deforestazione, estrazione di risorse naturali, come il legno, la caccia e la pesca illegali, lo sfruttamento minerario e l’occupazione di aree per l’accaparramento e l’appropriazione a fini privati delle terre indigene.
In alcuni territori è stata data priorità alle operazioni di epurazione delle invasioni, in particolare in sette aree indigene previste nella decisioni della Suprema Corte (FST), nell’ambito del Reclamo per l’Inosservanza del Precetto Fondamentale (ADPF) 709. Anche in questi casi, tuttavia, dati e rapporti indicano che le azioni non sono state in grado di garantire il ritiro completo degli invasori e che la stragrande maggioranza dei territori indigeni poteva contare solo su controlli mirati.
L’aggiornamento della banca dati del Cimi indica che del totale di 1.381 tra territori e richieste territoriali indigene, esistenti in Brasile, la maggioranza (62%) presenta pendenze amministrative per la propria regolarizzazione. Attualmente sono 850 i territori indigeni con problemi pendenti; per 563 di questi lo Stato non ha attivato alcun procedimento amministrativo per la loro demarcazione.
Nel 2023, i maggiori progressi si sono verificati nella costituzione o ristrutturazione dei Gruppi Tecnici (GT) per l’identificazione e la delimitazione delle terre indigene, sotto la responsabilità della Funai. Ciò dimostra la volontà dell’ente di procedere alla prima fase della regolarizzazione delle rivendicazioni territoriali, frenate per anni. I lavori, però, procedono a rilento: solo tre Rapporti di identificazione e delimitazione sono stati completati e pubblicati dalla Funai nel 2023.
L’interpretazione incerta del “Limite Temporale” rende impossibile prevedere il rispetto delle scadenze stabilite nelle ordinanze, poiché il Governo esita e utilizza la Legge 14.701/2023 come giustificazione per non portare a termine le procedure di demarcazione. Questo atteggiamento si riflette anche nel fatto che il Ministero di Giustizia non ha pubblicato alcun decreto chiarificatore.
Le inadempienze e la mancanza di segnali chiari da parte del Governo Federale in difesa dei territori indigeni hanno avuto come diretta conseguenza l’elevato numero di conflitti registrati, molti dei quali con intimidazioni, minacce e attacchi violenti contro le comunità indigene, ad esempio, tra gli altri, i casi segnalati negli stati di Bahia, Mato Grosso do Sul e Paranà.
Come negli anni precedenti, hanno subito il maggior numero di omicidi le popolazioni indigene degli stati di Roraima (47), Mato Grosso do Sul (43) e Amazonas (36)
Violenza contro la Persona
Nel 2023 i casi di “Violenza contro la Persona”, denunciati e raccolti nel secondo capitolo del Rapporto, sono stati 411. Questa sezione è divisa in nove categorie, nelle quali sono stati catalogati i seguenti dati: abuso di potere (15 casi); minacce di morte (17); minacce di vario genere (40); omicidi (208); omicidio colposo (17); lesioni personali (18); razzismo e discriminazione etnico-culturale (38); tentato omicidio (35); violenza sessuale (23).
Come negli anni precedenti, hanno subito il maggior numero di omicidi le popolazioni indigene degli stati di Roraima (47), Mato Grosso do Sul (43) e Amazonas (36). I dati, che hanno raggiunto i 208 omicidi, sono stati compilati sulla base del Sistema Informativo sulla Mortalità (SIM) e di informazioni ottenute dalla Sesai tramite la Legge sull’Accesso alle Informazioni (LAI).
Già all’inizio dell’anno si segnalavano gli omicidi commessi con armi da fuoco ai danni dei giovani Pataxó Samuel Cristiano do Amor Divino, 23 anni, e Nauí Pataxó, 16 anni, nell’estremo sud di Bahia. Vivevano nell’ampliamento del territorio di Barra Velha do Monte Pascoal e furono assassinati mentre uscivano da quell’area per comprare cibo nelle vicinanze.
Da anni il popolo Pataxó in questa regione lotta per la demarcazione delle proprie terre. I conflitti sono continuati senza nessuna risoluzione per tutto il 2023 a causa della mancanza di progressi nelle procedure di demarcazione e hanno motivato l’assunzione di misure precauzionali da parte della Commissione Interamericana dei Diritti Umani (IACHR).
Il coinvolgimento della polizia militare nelle milizie private, indagate per la morte di indigeni, presenta somiglianze con i fatti di violenza registrati contro gli indigeni nel Mato Grosso del Sud, dove le forze dell’ordine sono accusate di agire come scorte private dei latifondisti, di ripassare informazioni e di supportare gli attacchi degli agenti della sicurezza privata contro le comunità Guarani e Kaiowá. Oltre agli sgomberi illegali e ad attacchi violenti contro gli accampamenti dei nativi, nella regione sono stati registrati anche arresti arbitrari di indigeni.
Durante tutto il 2023 sono stati segnalati attacchi di cercatori d’oro contro gli indigeni Yanomami, a Roraima e Amazonas, nonostante le operazioni effettuate nella prima metà dell’anno nel territorio Yanomani. In questo territorio, omicidi, attacchi armati, violenza sessuale e adescamento di indigeni per l’estrazione mineraria, con l’aumento dei conflitti interni hanno fatto parte della tragica situazione di violenze continue.
Gli omicidi di indigeni del popolo Guajajara nel Maranhão si sono mantenuti elevati, soprattutto nel territorio Arariboia, che da anni è depredato dagli invasori. Sono anche continuati i casi di violenza armata contro indigeni dei popoli Tembé e Turiwara, nel nord-est del Pará, in conflitto con le grandi aziende legate alla monocoltura e alla produzione di olio di palma.
La mancanza di servizi igienico-sanitari di base e di acqua potabile è stata aggravata dalla crisi climatica, che ha causato inondazioni in tutto il Paese e una grave siccità nella regione amazzonica, aggravando la vulnerabilità delle diverse comunità
Violenza per inadempienza del Potere Pubblico
Il terzo capitolo del rapporto raccoglie casi di “Violenza per inadempienze del potere pubblico”, organizzati in sette categorie. Secondo i dati consultati con il SIM e ottenuti dalla Sesai, nel 2023 sono stati registrati 1.040 decessi di bambini indigeni di età compresa tra 0 e 4 anni. Anche in questo caso, gli stessi Stati degli anni precedenti hanno registrato il maggior numero di eventi: Amazonas, dove ci sono stati 295 decessi in questa fascia di età, Roraima, con 179 casi, e Mato Grosso, con 124.
La maggior parte delle morti infantili è stata provocata da cause considerate prevenibili attraverso misure preventive, adeguata assistenza sanitaria, vaccinazioni, diagnosi e cure mirate. Tra queste cause, spicca il gran numero di decessi causati da influenza e polmonite (141), diarrea, gastroenterite e malattie infettive intestinali (88) e da malnutrizione (57).
Le informazioni ottenute da questi stessi database pubblici hanno indicato il verificarsi di 180 suicidi di indigeni nel 2023. I tassi più alti, come negli anni precedenti, sono stati registrati in Amazonas (66), Mato Grosso do Sul (37) e Roraima (19).
Anche in questo capitolo si registrano i seguenti dati per l’anno 2023: mancanza generale di assistenza (66 casi); mancanza di assistenza nel settore dell’istruzione (61); mancanza di assistenza in area sanitaria (100); diffusione di alcol e altre droghe (6); la morte per mancanza di assistenza sanitaria (111) per un totale di 344 casi.
In questo contesto, risalta la generale mancanza di infrastrutture scolastiche nei villaggi di tutto il Paese e di strutture, personale e mezzi di trasporto per l’assistenza sanitaria nelle comunità delle popolazioni indigene. La mancanza di servizi igienico-sanitari di base e di acqua potabile è stata aggravata dalla crisi climatica, che ha causato inondazioni in tutto il Paese e una grave siccità nella regione amazzonica, aggravando la vulnerabilità delle diverse comunità.
È necessario sottolineare che, da quest’anno, il CIMI ha iniziato a contare i casi di morte per mancata assistenza sanitaria secondo i dati SIM e Sesai, cosa che spiega l’aumento dei casi registrati in relazione agli anni precedenti.
La nuova Amministrazione ha rinnovato le ordinanze che limitano l’uso dei territori che il Governo precedente aveva lasciato scadere. Ma, nonostante ciò, la situazione si è mantenuta preoccupante perché la maggior parte dei territori indigeni con la presenza di popolazioni isolate, che erano stati invasi negli anni precedenti, nel 2023 ha continuato a registrare invasioni
Popoli isolati
Il quarto capitolo del Rapporto è dedicato all’analisi della situazione delle popolazioni indigene in isolamento volontario. Questi popoli, che furono tra quelli più colpiti dallo smantellamento delle politiche di protezione delle terre indigene negli ultimi anni, sono stati gravemente minacciati anche nel 2023.
La nuova Amministrazione ha rinnovato le ordinanze che limitano l’uso dei territori che il Governo precedente aveva lasciato scadere. Ma, nonostante ciò, la situazione si è mantenuta preoccupante perché la maggior parte dei territori indigeni con la presenza di popolazioni isolate, che erano stati invasi negli anni precedenti, nel 2023 ha continuato a registrare invasioni. Almeno 56 su un totale di 119 registrazioni di gruppi di indigeni isolati, calcolate dal Free Peoples Support Team (Eapil) del Cimi, nel 2023 si trovano in territori indigeni che hanno registrato invasioni o danni al patrimonio.
Nonostante il rinnovo delle ordinanze sulle restrizioni d’uso, non c’è stato alcun provvedimento da parte del Governo Federale per garantire la protezione degli indigeni isolati la cui posizione è stata registrata al di fuori dai territori indigeni attualmente riconosciuti, che corrispondono a 37 dei 119 casi catalogati dall’Eapil. Parte di queste situazioni senza misure di tutela è riconosciuta dalla stessa Funai, come il caso degli isolati di Mamoriá Grande, a Lábrea (AM).
Anche in questi territori, nonostante alcune azioni più robuste di contrasto alle invasioni, come nel caso del territorio Ituna/Itatá, nel Pará, la maggior parte delle operazioni di ispezione sono state effettuate in modo mirato o insufficiente a garantire la tutela delle aree. I leaders di territori come Vale do Javari, in Amazonas, e Karipuna, in Rondônia, continuano a denunciare la persistente presenza di invasori.
Memoria
Il quinto capitolo del Rapporto è dedicato alla riflessione sul tema della Memoria e della Giustizia. In questa edizione riporta due testi. Il primo è uno studio inedito del ricercatore Marcelo Zelic (1963- 2023) sulla storia dell’espropriazione del territorio indigeno Ananás, in Roraima. L’articolo presenta proposte per risarcire i danni causati ai popoli Macuxi e Wapichana dalla pratica dei cosiddetti “crimini di tutela” – violazioni commesse durante la dittatura militare, quando lo Stato utilizzava lo strumento giuridico della “tutela” per annichilire la lotta dei popoli indigeni e ridurre i loro territori. Questo testo è stato curato da ricercatori e familiari che cercano di mantenere viva la dedizione di Zelic ai temi della conservazione della memoria e della lotta per la creazione di meccanismi per contrastare le violazioni dei diritti umani contro le popolazioni indigene.
Nel secondo testo del capitolo, uno dei fondatori del Cimi, Egydio Schwade, elabora una retrospettiva sul primo strumento prodotto dal CIMI per denunciare le violazioni dei diritti indigeni, che compie 50 anni nel 2024; pubblicato nel 1974, il dossier Y-Juca Pirama – l’indio: colui che deve morire è stato il predecessore del presente Rapporto, prodotto annualmente dal Cimi.
Articoli e recensioni
Oltre ai capitoli destinati alla categorizzazione dei dati, il Rapporto 2023 riunisce anche testi che cercano di approfondire la riflessione sui temi trattati dalla pubblicazione. La situazione degli indigeni detenuti nelle carceri nel Paese ed il significato della violenza fisica e simbolica che rappresenta l’incendio di Casas de Reza Guarani e Kaiowá (Case della Preghiera) sono gli argomenti trattati in due di questi articoli. L’analisi dettagliata di casi di razzismo e discriminazione etnico-razziale contro indigeni e la valutazione delle strettoie e delle sfide della politica indigenista dal punto di vista del bilancio e dell’esercizio finanziario nel 2023 sono i temi di altri due testi.
La piattaforma Caci, una mappa digitale che raccoglie le informazioni sugli omicidi degli indigeni in Brasile, è stata aggiornata grazie alle informazioni del Rapporto sulla Violenza contro le Popolazioni Indigene in Brasile – dati del 2023. Caci, acronimo di Cartography of Attack Against Indigenous People, nella lingua Guarani significa anche “dolore”. Con l’inclusione dei dati del 2022, la piattaforma ora presenta informazioni georeferenziate sui 1.470 omicidi di indigeni, riunendo dati compilati dal 1985.
Accesso a caci.cimi.org.br.
Il Rapporto sulla Violenza Contro le Popolazioni Indigene in Brasile è una pubblicazione annuale del Consiglio Indigenista Missionario (Cimi), organismo legato alla Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB). Fondato nel 1972, il Cimi opera da 52 anni in difesa della causa indigena.Foto di copertina: Rioccupazione del territorio tradizionale Guapo’y Mirin Tujury, Amambai (stato del Mato Grosso do Sul), febbraio 2023. La bambina
Guarani Kaiowá Laisquene, di 3 anni, in una delle tende di plastica durante la rioccupazione, dove vive con i genitori. L’anno precedente, i leader della tekoha (villaggio) furono assassinati. La comunità continua a lottare per la regolarizzazione del proprio territorio. La foto è di Renaud Philippe e fa parte della “Retomada da Terra”, di Renaud Philippe e Carol Mira, così come le altre fotografie di questa serie che illustrano la pubblicazione. Maggiori informazioni: renaudphilippe.com