17/08/2022

Nel 2021, in un contesto di violenze ed aggressioni ai diritti degli indios, sono drammaticamente aumentate le invasioni nei loro territori tradizionali

L’annuale Rapporto del Cimi ritrae l’aggravarsi delle violenze contro i popoli indigeni brasiliani, in modo particolare attraverso attacchi ai loro diritti costituzionali e lo smantellamento degli organi di controllo ed assistenziali istituiti per tutelarli

L’annuale Rapporto del Cimi ritrae l’aggravarsi delle violenze contro i popoli indigeni brasiliani, in modo particolare attraverso attacchi ai loro diritti costituzionali e lo smantellamento degli organi di controllo ed assistenziali istituiti per tutelarli.

Il 2021 è stato segnato dall’aumento e dalla drammatica intensificazione di violenze e violazioni contro i popoli nativi. L’aumento di invasioni ed aggressioni contro comunità, leaders indigeni e l’inasprimento dei conflitti sono il riflesso concreto del clima istituzionale che vige nei loro confronti, inteso a cancellarne i diritti costituzionali. É ciò che descrive il Rapporto sulle Violenze Contro i Popoli Indigeni del Brasile – dati del 2021, l’annuale pubblicazione del Consiglio Indigenista Missionario (Cimi).

Nel terzo anno del suo mandato, il governo di Jair Bolsonaro ha mantenuto fede all’impegno di bloccare le demarcazioni delle aree indigene e di omettere drasticamente la protezione delle aree già legalmente riconosciute. Se, dal punto di vista della politica indigenista ufficiale, questa scelta è stata in continuità con i due anni precedenti, dal punto di vista dei popoli indigeni ciò ha rappresentato l’aggravarsi di uno scenario già fortemente violento e catastrofico.

La conseguenza di tali scelte politiche per il sesto anno consecutivo ha provocato l’aumento dei casi di “invasioni delle aeree – per saccheggio possessivo: occupazione abusiva di territori poi sottoposti a lottizzazione e vendita -, sfruttamento illegale delle risorse e danni al patrimonio”. Nel 2021 il Cimi ha segnalato 305 casi di invasione, che hanno interessato 226 Aree Indigene (AI) sparse in 22 Stati della Federazione.

Nel 2020, 263 casi di invasione avevano coinvolto 201 aree in 19 Stati. La quantità di casi registrati nel 2021 è quasi triplicata rispetto ai dati registrati nel 2018, che aveva contato 109 casi.

Il Rapporto ha rilevato un aumento in 15 tipologie di violenze delle 19 classificate dalla pubblicazione rispetto all’anno precedente ed una quantità enorme di vite indigene soppresse

Oltre all’aumento quantitativo delle situazioni di violenza e delle aree invase dall’azione illegale di garimpeiros (cercatori d’oro), madeireiros (segherie), pescatori, cacciatori e grileiros (usurpatori dei territori), gli aggressori hanno intensificato la loro presenza e la brutalità delle loro azioni nelle aree indigene. In particolare, ciò è molto evidente negli episodi che hanno coinvolto i popoli indigeni Mundurukú, nello stato del Pará, e Yanomami, negli stati di Roraima e Amazonas.

Nell’Area Indigena (AI) Yanomami, dove attualmente si stima la presenza di oltre 20 mila garimpeiros, gli invasori hanno adottato la prassi di attaccare a mano armata ed in modo sistematico i villaggi degli indios, provocando un clima di terrore e l’assassinio di persone, anche di bambini.

Questi attacchi criminali, attuati con l’uso di armi pesanti, sono stati ripetutamente denunciati dagli índios ma ignorati dal Governo federale, che ha continuato a favorire le azioni illegali nei territori degli Yanomami. Inoltre, i garimpos (miniere d’oro a cielo aperto) così creati hanno costituito per gli indios un vettore di contagio di Covid-19 e di malaria.

Nello stato del Pará,  invasa illegalmente l’area Indigena Mundurukú, i garimpeiros hanno attaccato la sede di una associazione di donne indigene. Essi hanno anche tentato di impedirei il viaggio di alcuni leaders di questo popolo, che intendevano partecipare a manifestazioni organizzate nella capitale, Brasilia. Inoltre, per rappresaglia contro la posizione anti-garimpos di un leader Mundurukú, gli invasori lo hanno minacciato di morte e, in seguito, ne hanno bruciato la casa. Mentre succedeva tutto questo, l’AI Mundurukú continuava ad essere devastata ed i suoi grandi fiumi sfigurati dai macchinari pesante (draghe) utilizzati per l’estrazione illegale dell’oro.

Il Rapporto ha rilevato un aumento in 15 tipologie di violenze delle 19 classificate dalla pubblicazione rispetto all’anno precedente ed una quantità enorme di vite indigene soppresse. Sono stati registrati 176 omicidi di índios – solo sei in meno rispetto al 2020, che ne ha fatto registrare il numero maggiore dal 2014, anno in cui il Cimi, sulla base di fonti pubbliche, ha iniziato a registrare questo dato. Nel 2021, 148 suicidi  sono stati il numero maggiore registrato nello stesso periodo.

Il contesto istituzionale degli attacchi a territori, leaders e comunitá indigene è costituito da una serie di misure adottate dall’Esecutivo Federale per favorire lo sfruttamento ed il saccheggio possessorio delle aree indigene, insieme ad una politica del Governo e della sua coalizione parlamentare intesa ad approvare leggi volte a smontare la protezione costituzionale dei popoli indigeni e delle loro aree.

É il caso di misure come l’Istruzione Normativa 09, pubblicata dalla Funai nel 2020, che ha permesso la regolarizzazione di proprietà private nelle aree indigene ancora non omologate e l’Istruzione Normativa Congiunta della Funai e dell’Ibama che, nel 2021, mirava a permettere lo sfruttamento economico delle aree indigene a favore di associazioni ed organizzazioni di “composizione mista”, formate da índios e non índios.

Con la stessa finalità delle precedenti, anche il Progetto di Legge (PL) 490/2007 ha la funzione di impedire nuove demarcazioni ed apre le aree legalmente riconosciute allo sfruttamento predatorio. Della stessa natura è anche il PL 191/2020, di matrice governativa, che intende aprire le AI allo sfruttamento minerario. Questi provvedimenti, promossi dall’Esecutivo, hanno incoraggiato gli invasori a continuare le pratiche illegali nelle AI. Nei garimpos sono state sviluppate ampie infrastrutture, gli usurpatori hanno aumentato il disboscamento della foresta per far posto a pascoli per il bestiame e a coltivazioni di cereali mentre cacciatori, pescatori illegali e segherie hanno intensificato le loro incursioni nelle AI.

L’ intento di approvare questi progetti di Legge, le aggressioni contro i diritti indigeni e l’aggravarsi della situazione nelle AI hanno provocato massicce mobilitazioni dei popoli indigeni in tutto il Paese, che sono culminate in due grandi e prolungate manifestazioni nella capitale Brasilia.

Nonostante le numerose ingiunzioni del Pubblico Ministero Federale (MPF), questo è il terzo anno nel quale il Presidente della Repubblica ha mantenuto l’impegno di non demarcare nessuna area indigena

Milhares de garimpeiros atuam ilegalmente na TI Yanomami, sob o olhar conivente do Estado. Registro da devastação feito em abril de 2021 pelo Greenpeace Brasil. Foto: Christian Braga/Greenpeace

Milhares de garimpeiros atuam ilegalmente na TI Yanomami, sob o olhar conivente do Estado. Registro da devastação feito em abril de 2021. Foto: Christian Braga/Greenpeace

Violenze Contro Il Patrimonio

Il primo capitolo del Rapporto classifica le “Violenze contro il Patrimonio” dei popoli indigeni in tre categorie. In questa sezione sono stati registrati i seguenti dati: omissione e morosità nella regolarizzazione delle AI (871 casi), conflitti relativi a diritti territoriali (118 casi); invasioni possessorie, sfruttamento illegale delle risorse naturali e danni diversi al patrimonio (305 casi). Nel 2021 si registrano, quindi, un totale di 1294 casi di violazioni del patrimonio dei popoli nativi.

Nonostante le numerose ingiunzioni del Pubblico Ministero Federale (MPF), questo è il terzo anno nel quale il Presidente della Repubblica ha mantenuto l’impegno di non demarcare nessuna area indigena. Una verifica del Cimi presso l’Istituto delle terre e delle richieste territoriali indigene ha evidenziato che, delle 1393 aree indigene brasiliane, 871 (62%) hanno pendenze giudiziarie che riguardano la loro regolarizzazione. Tra queste, 598 sono aree rivendicate dai popoli indigeni sprovviste di qualsiasi provvedimento giuridico-amministrativo atto ad avviare il processo di demarcazione.

Di questo capitolo fanno parte anche gli incendi dolosi che hanno distrutto le “Case di reza” (Case della Preghiera), luoghi fondamentali di spiritualità per diverse comunità indigene. A questo proposito, sono stati rilevati quattro casi nel Mato Grosso do Sul, che hanno coinvolto i popoli Guaraní e Kaiowá, ed uno nel Rio Grande do Sul, ai danni del popolo Guaraní Mbyá.

Tra i casi di conflitto per i diritti territoriali, si è verificata la sovrapposizione tra reati riguardanti il Catasto Ambientale Rurale (CAR) e la certificazione di proprietà private nelle aree indigene. In alcuni casi, come nelle AI Uru-Eu-Wau-Wau, nello stato di Rondonia e Barra Velha nello stato di Bahia, sono stati registrati tentativi di vendita di lotti di aree attraverso le reti social.

O relatório também registra casos de assassinatos de jovens e crianças indígenas praticados com extrema crueldade e brutalidade

II Marcha Nacional das Mulheres Indígenas, em setembro de 2021, em Brasília (DF). Foto: Verônica Holanda/Cimi

II Marcha Nacional das Mulheres Indígenas, em setembro de 2021, em Brasília (DF). Foto: Verônica Holanda/Cimi

Violenze contro la Persona

Per quanto riguarda i casi di “Violenze contro la Persona”, raccolti nel secondo capitolo del Rapporto, i dati registrati sono i seguenti: abuso di potere (33); minacce di morte (19), minacce varie (39); assassinii (176); omicidi colposi (20); lesioni corporali dolose (21); razzismo e discriminazione etnico-culturale (21); tentativi di omicidio (12);  violenze sessuali (14).

Nel 2021 I dati riguardano complessivamente 355 casi di violenza contro le persone indigene, il maggior numero registrato dal 2013, anno nel quale il metodo di calcolo è stato modificato. Nel 2020 erano avvenuti 304 episodi di questo genere.

Nel 2021, gli Stati che hanno fatto registrare il maggior numero di assassinii di índios, secondo dati del Sistema di Informazione sulla Mortalitá (SIM) e dei Ministeri statali della Sanità, sono stati: Amazonas (38), Mato Grosso do Sul (35) e Roraima (32). Questi tre Stati avevano fatto registrare il maggior numero di assassinii anche nel 2020 e nel 2019.

Tra i casi che vengono segnalati, ci sono due omicidi di índios del popolo Tembé, nell’Alto Rio Guamá, nello stato del Pará. Isac Tembé, insegnante di 24 anni, è stato ucciso dalla polizia militare mentre cacciava assieme ad altri giovani nativi, in un luogo della foresta vicino al suo villaggio. Alcune settimane dopo, Benedito Cordeiro de Carvalho (Didí Tembé) è stato colpito da varie pallottole ed è morto sul colpo. Ancor ‘oggi sono sconosciute le circostanze dell’uccisione.

Il Rapporto registra anche omicidi di giovani e bambini indigeni, perpetrati con estrema crudeltà e brutalità. Nel 2021 hanno provocato grande commozione le uccisioni di Raissa Cabreira Guaraní Kaiowá, di soli 11 anni e Daiane Griá Sales, del popolo Kaingang, di 14 anni. Entrambe sono state stuprate ed uccise.

Acampamento Luta pela Vida, agosto de 2021, Brasília (DF). Foto: Marina Oliveira/Cimi

Acampamento Luta pela Vida, agosto de 2021, Brasília (DF). Foto: Marina Oliveira/Cimi

Violenze per Omissione del Potere Pubblico

Anche i casi di “Violenza per Omissione del Potere Pubblico”, contenuti nel terzo capitolo del Rapporto, hanno registrato un aumento generale ed in quasi tutte le categoria rispetto al 2020, con l’eccezione dei casi di “mancata assistenza generale” e della mortalità infantile.

Grazie alla Legge di Accesso all’Informazione (LAI), il Cimi ha ottenuto dal Ministero Speciale per la Sanità Indigena (SESAI) informazioni parziali relative ai decessi di bambini indigeni da 0 a 5 anni d’età. I dati, raccolti nel mese di gennaio del 2022 presso il Ministero, probabilmente sottostimati, rivelano nel 2021 il decesso di 744 bambini.

Gli Stati della Federazione con il maggior numero di decessi nel gruppo dei bambini citati sono Amazonas (178), Roraima (149) e Mato Grosso (106). Nonostante la probabile imprecisione dei dati, la maggior quantità di bambini deceduti è stata registrata negli anni 2014 (785), 2019 (825) e 2020 (766).

Nel 2021, i dati del SIM e dei Ministeri statali della Sanità hanno registrato 158 casi di suicidio tra gli índios. Gli stati di Amazzonas, Mato Grosso do Sul e Roraima ne hanno sofferto il numero maggiore, rispettivamente 51, 35 e 13.

In questo capitolo sono stati segnalati anche i seguenti dati: mancata assistenza generale (34 casi), mancata assistenza nell’area scolastica indigena (28), mancata assistenza nell’area sanitaria (107); diffusione di bibite alcoliche e droghe (13); decessi per mancata assistenza nell’ambito dell’assistenza sanitaria (39), per un totale di 221 casi. Nel 2020, in questa categoria erano stati registrati 177 casi.

Nonostante la determinazione della Suprema Corte (STF), che esigeva dal Governo la vaccinazione di tutti gli índios, quale gruppo prioritario per l’immunizzazione, indipendentemente dal loro luogo di residenza, molti popoli indigeni, soprattutto quelli che vivono in villaggi alla periferia delle città, hanno denunciato episodi di negato accesso al vaccino contro il Covid-19.

Morti a causa del Covid-19

Nonostante sia stato somministrato il vaccino all’inizio del 2021, i dati del SIM, analizzati dal Cimi, hanno rilevato la morte causata dalla pandemia di 847 indios. Si tratta di un dato molto superiore a quello comunicato dalla SESAI, che ha invece dichiarato il decesso di 315 indios.

I dati più ampi offrono l’indicazione della possibile sottostima dei casi e del gran numero di índios che, contagiati dalla pandemia, sono morti a causa della mancata assistenza e per la trascuranza pubblica dei villaggi limitrofi alle città e degli accampamenti.

Invasão possessória na TI Piripkura, onde vivem indígenas em isolamento voluntário, registrada em julho de 2021. Foto: Christian Braga/Greenpeace

Invasão possessória na TI Piripkura, onde vivem indígenas em isolamento voluntário, registrada em julho de 2021. Foto: Christian Braga/Greenpeace

Popoli Isolati (senza contatto con la società occidentale)

Anche la situazione dei popoli indigeni che vivono un volontario isolamento ha raggiunto livelli preoccupanti di gravità a causa della prassi del governo Bolsonaro di rinnovare i decreti che limitano ad un massimo di sei mesi l’accesso alle aree dove sono presenti questi popoli. Nel caso dell’AI Jacareúba-Katawixi, sprovvista di qualsiasi protezione governativa, il permesso non è stato rinnovato.

Perlomeno 28 AI dove sono presenti popoli indigeni isolati sono state invase, mettendo a rischio la stessa esistenza fisica di questi gruppi. Secondo i dati ottenuti dall’equipe del Cimi di Appoggio ai Popoli Indigeni Liberi, In queste aree si concentrano 53 delle 117 segnalazioni di avvistamento di popoli indigeni isolati. Questa analisi è presentata dal Cimi nel quarto capitolo del Rapporto.

Articoli e Memoria

Il Rapporto contiene anche alcuni articoli speciali che analizzano la situazione peculiare degli índios incarcerati in Brasile, la relazione tra il razzismo e la violenza contro i popoli originari e la politica indigenista del governo Bolsonaro dal punto di vista finanziario. Il capitolo finale del Rapporto, dedicato al tema “Memoria e Giustizia”, propone una riflessione su possibili processi di riparazione, in opposizione a quanto ancor oggi avviene: la perpetuazione delle violenze contro i popoli indigeni del Brasile.

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