30/09/2020

Nel 2019, le aree indigene sono state invase in maniera ostensiva dal nord al sud del Brasile

Rapporto del Cimi mette in evidenza l’allarmante aumento della violenza contro i popoli indigeni durante il primo anno di governo del presidente Bolsonaro

Il Rapporto sulle Violenze Contro i Popoli Indigeni del Brasile – dati del 2019, pubblicato annualmente dal Consiglio Indigenista Missionario (CIMI)- ribadisce l’esistenza di una realtà estremamente perversa ed inquietante nel Brasile indigeno durante il primo anno del governo di Bolsonaro, alla presidenza del paese. Infatti, l’intensificazione delle espropriazioni delle aree indigene, sotto forma di invasioni, furti e lottizzazioni, si è consolidata rapidamente ed in modo aggressivo su tutto il territorio nazionale, causando una distruzione incalcolabile.

 Le aree indigene –  oltre al fatto di essere riconosciute dalla Costituzione Federale come ancestralmente occupate dagli indios –  sono, a tutti gli effetti, le zone dove maggiormente sono protette le foreste ed i loro ricchi ecosistemi. Storicamente, la presenza dei popoli indigeni nei loro territori tradizionali funziona come una vera barriera che li protegge dall’avanzata del disboscamento e di altri processi di sfruttamento. Nonostante questo, i dati del 2019 rivelano che i popoli indigeni ed i loro territori tradizionali stanno soffrendo una progressiva e inarrestabile usurpazione.

L’esplosione degli incendi di stampo criminale che ha devastato l’Amazzonia ed il bioma Cerrado nel 2019, ampiamente divulgato internazionalmente, dev’essere inserita nella prospettiva più ampia del saccheggio dei territori indigeni.; infatti, il più delle volte, gli incendi sono parte essenziale di una strategia criminale di furto delle aree, che prevede la “pulizia” di vaste aree di foresta onde rendere poi possibile l’introduzione di imprese agricole e dell’allevamento di bestiame (agrobusiness).

Riassumendo, la strategia funziona in questo modo: gli invasori disboscano, vendono il legname, incendiano la foresta, seminano l’erba per formare il pascolo, lo recintano ed in fine, “pulita” l’area, introducono le mandrie, successivamente seminano soja e mais.

Purtroppo le violenze praticate contro i popoli indigeni si giustificano col progetto del governo di mettere a disposizione degli imprenditori dell’agrobusiness, delle compagnie minerarie e del legname e di altri settori dell’economia le aree degli indios ed i beni comuni che vi sono presenti.

Il Rapporto indica che nel 2019 c’è stato un aumento dei casi di violenza in 16 delle 19 categorie di abuso classificate dalla pubblicazione.

Fanno riflettere soprattutto i dati registrati nella categoria “invasioni predatorie, sfruttamento illegale delle risorse e danni al patrimonio delle aree indigene” che, dai 109 casi registrati nel 2018, salgono ai 256 casi nel 2019.

In coerenza con quanto realmente succede, questi dati spiegano l’esistenza di una strategia senza precedenti nel paese: le aree indigene stanno soffrendo invasioni in maniera palese e capillare da Nord a Sud del Brasile. In alcuni episodi descritti dal Rapporto, gli stessi invasori menzionano il nome del presidente della Repubblica evidenziando, in questo modo, che le loro azioni criminali sono incentivate da colui che ha il compito istituzionale di adempiere all’obbligo costituzionale di proteggere i territori indigeni, patrimonio della Nazione.

Comparando i dati dello scorso anno con quelli del 2018, va denunciato il fatto che, in cinque categorie relative alle violazioni contro i diritti indigeni, i casi sono quasi raddoppiati; per esempio, nella voce “conflitti territoriali” si é passati da 11 casi a 35; “minacce di morte” da 8 a 33 casi; “minacce varie” da 14 a 34 casi; le “lesioni fisiche dolose” sono quasi triplicate, passando da 5 a 13; i “decessi per mancata assistenza” sono passati da 11 nel 2018 a 31 casi nel 2019.

Violenze contro il Patrimonio

Per quanto riguarda i tre tipi di “Violenze contro il Patrimonio”, che formano il primo capitolo del Rapporto, sono stati registrati i dati seguenti: “omissione e morosità nella regolarizzazione delle aree indigene” 829 casi; “conflitti relativi ai diritti territoriali degli indios” 35 casi; “invasioni a fini di saccheggio, sfruttamento illegale delle risorse naturali e danni diversi al patrimonio” 256 casi. Il totale ammonta a 1.120 casi di violenze a danno del patrimonio dei popoli indigeni nel 2019.

É importante sottolineare che delle 1.298 aree indigene brasiliane, 829 (il 63%) presentano inadempienze dello Stato nel processo finale di regolarizzazione, sia per quanto riguarda la demarcazione delle terre che la loro registrazione al Catasto. É importante ricordare che gli indios non sono proprietari delle loro aree ma solo usufruttuari esclusivi. Costituzionalmente, le aree indigene sono di proprietà dello Stato. Delle 829 aree, per 536 di esse (il 64%) lo Stato non ha ancora preso nessun provvedimento in merito alla regolarizzazione definitiva.

Oltre ad aver realizzato la promessa fatta durante la campagna elettorale di non demarcare un centimetro delle aree indigene, il governo Bolsonaro, grazie all’impegno del Ministero della Giustizia, ha rimandato alla Fondazione Nazionale dell’Indio (FUNAI – organo statale di difesa dei popoli indigeni) 27 processi di demarcazione di aree indigene perché fossero revisionati, mettendoli in discussione. Questa azione provoca ulteriori ostacoli alla regolarizzazione dei territoti indigeni, quando non giunge ad impedire l’adempimento dei diritti costituzionali degli indios, che rivendicano l’occupazione dei loro ancestrali territori.

Nel 2019 c’è stato un aumento del 134,9% di casi relativi alle invasioni rispetto ai dati registrati nel 2018

A comunidade Huni Kuī do Centro Huwá Karu Yuxibu, em Rio Branco, no Acre, teve 100 de seus 200 hectares queimados em 2019. Foto: Denisa Sterbova

Denisa Sterbova

Come menzionato, nel 2019 sono stati registrati 256 casi di “invasioni predatorie, sfruttamento illegale delle risorse naturali e danni al patrimonio” in almeno 151 aree indigene appartenenti a 143 popoli in 23 stati della Repubblica. Nella presentazione del Rapporto, avvenuta nel mese di settembre dello scorso anno, il Cimi ha espresso preoccupazione riguardo questi dati perché rilevavano una realtà estremamente grave: nel 2019 c’è stato un aumento del 134,9% di casi relativi alle invasioni rispetto ai dati registrati nel 2018. Ciò significa più del doppio rispetto ai 109 casi registrati nel 2018.

Un’analisi più minuziosa di ognuno di questi 256 casi rivela che la maggior parte delle situazioni di invasione/saccheggio/danno al patrimonio è stata registrata anche in altre categorie di abuso, totalizzando 544 registrazioni di denuncia. In questo modo è possibile distinguere nei 256 casi le violazioni qui elencate:

208 casi di invasione;
89 casi di sfruttamento illegale di legname/deforestazione/sfruttamento;
39 casi di sfruttamento minerario e garimpo (miniere d’oro a cielo aperto);
37 casi di latifondo per uso di pascolo o cereali (bestiame, soja e mais);
31 casi di incendio;
31 casi di pesca predatoria;
30 casi di furto di aree e lottizzazione illegale;
25 casi di caccia predatoria;
25 casi di attività di costruzione di infrastrutture (strade, ferrovie linee elettriche);
14 casi di sfruttamento illegale delle risorse (sabbia, marmo, ghiaia, palmito);
7 casi di contaminazione dell’acqua e/o alimenti causati da pesticidi;
5 casi di attività imprenditoriale di tipo turistico;
3 casi di denuncia per traffico di narcotici

Facciamo ancora notare che questi 256 casi includono 107 situazioni di danni: all’ambiente (77) e al patrimonio (30), denunciati dai popoli indigeni ed avvenuti nelle loro aree.

L’enorme ripercussione dell’assassinio di Paulo Paulinho Guajajara – risultato di un’imboscata portata a termine da invasori dentro l’area indigena Araribóia, nello stato del Maranhao, nel mese di novembre del 2019 –  ha reso evidente, ancora una volta, che la situazione di tensione, in quello Stato, ha raggiunto livelli allarmanti

Manifestação de indígenas do Pará e Amapá em Brasília, em 2019, em denúncia às invasões a seus territórios e aos assassinatos de lideranças indígenas como Paulino Guajajara e Emyra Wajãpi. Foto: Tiago Miotto/Cimi

Tiago Miotto/Cimi

Violenze Contro la Persona

Invariabilmente, le violenze praticate contro gli indios e le loro comunità sono direttamente legate alla disputa per i loro territori. Per quanto riguarda il secondo capitolo “Violenza contro la Persona”, nel 2019 sono stati registrati i seguenti casi: abuso di potere (13); minacce di morte (33); minacce varie (34); assassinii (113); omicidi colposi (20); lesioni corporali dolose (13); razzismo e discriminazioni etnico culturali (16); tentativi di omicidio (25); violenze sessuali (10) per un totale di 277 casi registrati di violenze praticate contro la persona indigena nel 2019. Il totale delle registrazioni è più del doppio di quello registrato nel 2018 (110).

Secondo i dati ufficiali della Segreteria Speciale di Sanitá Indigena – SESAI (Ministero della Sanitá), le 113 registrazioni di indios uccisi nel 2019 rappresentano un calo rispetto a quelle del 2018 che sono state 135. I due Stati della Federazione che hanno registrato il maggior numero di assassinii sono stati il Mato Grosso do Sul (40) e Roraima (26). É importante sottolineare che i dati forniti dalla SESAI riguardo i decessi in seguito ad aggressioni ” non consentono analisi più dettagliate perché non forniscono informazioni sull’età e sul popolo di appartenenza delle vittime e nemmeno sulle circostanze di questi omicidi. Questi dati sono passibili di revisione e ciò significa che il numero dei casi di omicidio può aumentare.

Purtroppo si constata che nel 2019 la popolazione indigena dello stato del Mato Grosso do Sul (seconda maggiore del Paese per presenza demografica) ha continuato ad essere bersaglio di costanti e violenti attacchi. Sono stati registrati casi di tortura, anche di bambini.

L’enorme ripercussione nazionale ed internazionale dell’assassinio di Paulo Paulinho Guajajara – risultato di un’imboscata portata a termine da invasori dentro l’area indigena Araribóia, nello stato del Maranhao , nel mese di novembre del 2019 –  ha reso evidente, ancora una volta, che la situazione di tensione, in quello Stato, ha raggiunto livelli allarmanti. Invasi e saccheggiati da decenni, i territori indigeni tradizionali nel Maranhao riflettono una realtà che si sta allargando ed aggravando su tutto il territorio nazionale.

Christian Braga/Greenpeace

Christian Braga/Greenpeace

Violenza per Omissione del Potere Pubblico

C’è stato un aumento delle registrazioni in tutte le categorie di questo terzo capitolo, poichè il totale dei casi di “violenza per omissione del potere pubblico “è stato di 267.

Grazie alla legge di Accesso all’Informazione, il Cimi ha ottenuto dalla SESAI dati parziali riguardo i suicidi e la mortalità infantile tra gli indios. Nel 2019 sono stati registrati 133 suicidi in tutto il paese, 32 in più rispetto ai casi registrati nel 2018. Gli stati di ‘Amazonas (59) e Mato Grosso do Sul (34) sono quelli che hanno fatto registrare il maggior numero di casi.

C’é stato anche un notevole aumento dei casi di “mortalità infantile” (bambini da 0 a 5 anni), passati da 591, nel 2018, a 825 nel 2019. Richiamano l’attenzione i 248 casi registrati in Amazonas, i 133 in Roraima e i 100 in Mato Grosso. Come per i dati degli omicidi, le informazioni fornite dalla SESAI riguardo le registrazioni relative a suicidi e mortalità infantile sono parziali e passibili di modifica. Ossia, questi dati possono essere ancora più gravi di come appaiono attualmente nel Rapporto.

Nel 2019 le registrazioni in altre categorie di questo capitolo sono state: mancata assistenza generale agli indios (65); mancata assistenza nell’area dell’educazione scolastica indigena (66); mancanza di assistenza nell’area sanitaria (85); diffusione di bevande alcoliche ed altri stupefacenti (20); morte per mancato intervento sanitario (31).

Per una riflessione più approfondita

Questa edizione del Rapporto del Cimi che mette a disposizione i dati del 2019, presenta anche articoli riguardo temi specifici che stimolano la comprensione della complessa e violenta realtà affrontata dagli indios in tutto il Brasile, sia in area urbana, sia nei territori demarcati (regolarizzati) o rivendicati. Tra i temi si trovano: gli incendi nelle aree indigene; l’importanza del verdetto realizzato dalla Corte Interamericana riguardo il caso del popolo Xukurú; gli indios incarcerati in Brasile; un’analisi del preventivo a disposizione della politica indigenista; riflessioni sulla pratica del suicidio tra gli indios; le attuali minacce ai popoli indigeni isolati (senza contatto con la società nazionale); un’analisi sull’utilizzo, fatta dall’attuale governo, di concetti antropologici ampiamente superati per restringere ulteriormente i diritti indigeni.

Cartografias de Ataques Contra Indígenas

Caci

CACI, una mappa digitale che mette insieme le informazioni rispetto agli assassinii di indios in Brasile, é stata realizzata usufruendo dei dati sistematizzati da questo Rapporto sulle Violenze Contro i Popoli Indigeni nel Brasile. La parola CACI – in Guaraní significa “dolore” – é usata come sigla per definire la Cartografia degli Attacchi Contro gli Indios. Attraverso l’inclusione dei dati del 2019, la piattaforma adesso agglomera informazioni geo-referenziate sulle 1.193 uccisioni di indios, riunendo i casi compilati a partire dal 1985.

Correzione: il giorno 9 di ottobre del 2020 sono state realizzate due attualizzazioni nel sommario generale: 1. Il totale dei casi di “tentato omicidio” è passato da 24 a 25; 2. Il montante totale dei casi di violenza praticata contro la persona (indio) é passato da 276 a 277.

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