06/09/2010

Il Mondo che ci Circonda nº 928

Protesto simbolico marca la firma del contratto per la costruzione della diga di Belo Monte, alla capitale Brasilia

 

Leaderes indigeni, il 26 di agosto, si sono radunati difronte al palazzo presidenziale, il Palácio do Planalto, per protestare contro la firma del Decreto che definisce il contratto ed autorizza il Consorzio Norte Energia a costruire la diga di Belo Monte. Durante la manifestazione, i leaderes mostrarono i loro striscioni con scritte di ripudio all’azione del governo federale che ha scelto di distruggere l’ambiente, la natura a favore di uno sviluppo senza scrupoli. I leaderes si sono anche tappati la bocca, simbolizzando la totale mancanza di dialogo tra lo Stato e le comunitá che saranno colpite dal grande progetto.

 

Marcos Apurinã, coordinatore della Coordinazione delle Organizzazioni Indigene dell’Amazzonia Brasiliana – COIAB – ha sottolineato il significato della firma del Decreto: "é un atto di violenza contro i popoli indigeni, delle comunitá lungo il fiume Xingu (ribeirinhos), dei contadini e contro tutta la gente della regione. Il Presidente Lula sta firmando la sentenza di morte dei popoli indigeni di tutta la nazione. Questo, per noi, é drammatico!".

 

Per Apurinã, il sentimento provato é quello di popoli che non sono cittadini nel proprio paese: "all’estero, questo governo si presenta come un esempio ad essere seguito. Ma qui dentro, per lo meno per i popoli indigeni, non lo é!". Ancora secondo il leader Apurinã, "é una grande tristezza dover assistere a questo governo che ha ingannato in vari aspetti, i popoli indigeni. Ma il movimento indigeno continuerá la sua lotta. Sono piú di 500 anni di resistenza e noi non ci fermeremo adesso!".

 

Manifesto

 

Questa settimana, vari movimenti sociali, organizzazioni indigene ed indigeniste ed Ong hanno redatto e incamminato un manifesto che ripudia la firma del Decreto di consessione. Nel documento, le entitá manifestanti dichiarano che l’azione del governo é un altro atto "di scandaloso affronto alle convenzioni internazionali dei diritti umani, alla legislazione brasiliana e alla Costituzione del paese".

 

Secondo queste organizzazioni, "verrá consolidato un procedimento che ha risuscitato un autoritarismo terrificante da parte del governo, che ha spinto il Tribunale Regionale Federale a respingere, senza aver minimamente verificato gli argomenti giuridici, le tre sospensioni concesse dalla giustizia federale contro la costruzione della diga e l’asta, provocando imbarazzo tra i procuratori del Ministero Pubblico Federale attraverso minacce proferite dall’Avvocatura Generale dell’Unione e dato avvallo ad un progetto che costerá piú di 8 miliardi e mezzo di Euro – la maggior parte provenienti da fondi dalla banca statale Banco Nazionale di Sviluppo Econômico e Sociale (BNDES) e da fondi di pensione – senza la minima garanzia di viabilitá economica, rappresentando cosí una grande minaccia all’erario dello stato".

 

Le varie lotte contro la diga di Belo Monte

 

Varie manifestazioni, incontri, dichiarazioni di ripudio sono giá state fatte ed il governo federale ha proseguito con le azioni di approvazione del progetto della diga di Belo Monte, senza ascoltare specialisti, popoli indigineni e comunitá tradizionali della regione. All’inizio dell’anno, a Brasilia, sono state realizzate due grandi manifestazioni pubbliche ed una grande sfilata contro l’asta della diga che ha contato con la partecipazione di índios, leaderes dei movimenti sociali, abitanti del fiume Xingu e rappresentanti di ONG.

 

Nella prima settimana del mese di agosto, é stata realizzata ad Altamira, nello stato del Pará, la grande manifestazione "In difesa del Fiume Xingú: contro la diga di Belo Monte". Circa 500 persone, tra loro índios, ribeirinhos, agricultori, pescatori e comunitá urbana, hanno partecipato e dibattuto sulle consequenze di questo grande progetto. Nel documento finale, i partecipanti si sono manifestati contro tutt i grandi progetti che causano morte e distruzione: "É ancora molto vivo in noi il ricordo della distruzione e morte prococate dai grandi progetti realizzati in modo autoritário daí governi della dittatura militare come la costruzione della Tranzamazzonica e di molte altre strade statali (Rs 174, 364 163), delle dighe di Tucuruí e Balbina. Quei progetti hanno duramente colpito popoli indigeni e comunitá tradizionali. Popoli come gli Arara, Parakanã, Waimiri Atroari sono stati quasi estinti ". Durante l’Accampamento Terra Libera, realizzato nei giorni 16 a 19 di agosto in Campo Grande, nel Mato Grosso do Sul, gli 800 indios pervenuti hanno dimostrato la loro indignazione a causa dell’insistenza del governo di voler continuare col processo che obiettiva la costruzione della diga di Belo Monte. 

 

Durante l’incontro realizzato con Monsignor Erwin Kräutler, vescovo dello Xingu, il presidente della Repubblica Lula affermó che "non avrebbe fatto inghiottire a forza agli indios, ribeirignos, e contadini il progetto di Belo Monte". Purtroppo, sta succedendo proprio il contrario.

 

I popoli indigeni non concordano con Belo Monte: "La firma di questo decreto non estinguirá la resistenza degli indios, ribeirinhos e piccoli agricoltori che lottano per la loro vita nello Xingú, e per tutto quello che il fiume e le foreste rappresentano per noi: garanzia di futuro!".

 

Ministero della Giustizia sospende il decreto che determina la regolarizzazione delle terre dei  Guaraní nello stato di Santa Catarina

 

Difendendo interessi privati a scapito dei diritti originali dei popoli indigeni, il ministro della Giustizia Luiz Paulo Barreto, ha sospeso il decreto ministeriale che determinava la regolarizzazione delle aree indigene Guaraní Mbyá Morro Alto, Piraí, Tarumã e Pindoty site nei municipi di São Francisco do Sul e Araquari.

 

Attraverso processi contro la demarcazione delle aree indigene, grandi proprietari di terre, impresari delle marche come la Karsten e la Fundição Tupy, sono riusciti a fermare il processo di regolarizzazione di queste aree. Trecento persone circa, attraverso le vie giuridiche, rappresentati dall’Associazione di Proprietari Interessati negli Immobili nelle Aree Indigene nel Nord di Santa Catarina (Apis), hanno ottenuto la sentenza a loro favore proferita dal giudice federale della cittá di Joinville. La sentenza ha annullato la decisione proferita dell’allora ministro della Giustizia Tarso Genro, avvenuta nel 2009.

 

Adriano Guaraní, índio che fa parte di un villaggio colpito dalla sentenza, ha manifestato la sua desolazione circa la revoca del Decreto: "questo retrocesso é, evidentemente, un fatto politico. Nella nostra regione, gli impresari, i latifondisti e persino i sindaci non vogliono regolarizzare le aree indigene! Non abbiamo capito questa decisione del ministro, anche perché noi avevamo fiducia in lui e lui ci ha fatto questo". Secondo Adriano, piú di 500 indios saranno colpiti dall’annullazione e non potranno contare con la terra per abitare e sopravvivere. "Siamo in lutto, ma dobbiamo reagire ed organizzeremo una manifestazione di ripudio perché la cosa non finisce qui!", ha affermato.

Fonte: Cimi
Share this:
Tags: